patologie epatiche del cane

Epatite nel cane: cause, diagnosi e terapia

Il fegato è un organo particolarmente complesso con straordinarie funzioni.
Fondamentale per il metabolismo dei nutrienti e non solo, può andare incontro a degenerazione per differenti motivi. In questo articolo parliamo di malattia epatica per comprenderne cause, sintomi e terapia.

Cos’è il fegato

Il fegato è una ghiandola che ha una duplice funzione

  • come ghiandola esocrina: secerne la bile direttamente nell’intestino mediante un sistema di dotti
  • come ghiandola endocrina: per la sintesi di diverse sostanze che immette direttamente in circolo.

Le funzioni principali sono:

  • Metabolismo dei carboidrati – gluconeogenesi, glicogenolisi, deposito
  • Metabolismo lipidico – sintesi, metabolismo, deposito
  • Metabolismo proteico – sintesi
  • Metabolismo vitaminico – attivazione, sintesi, deposito
  • Funzioni immunitarie – fagocitosi, eliminazione tossine, IgA
  • Metabolismo endocrino – degradazione e coniugazione ormoni polipeptidici e steroidei
  • Funzioni di deposito – vitamine, trigliceridi, glicogeno, Cu, Fe, Zn
  • Funzioni ematologiche – ematopoiesi extramidollare, fattori coagulazione, deposito, fattori ematopoietici
  • Funzioni digestive – bile
  • Funzione detossificante – bilirubina, ammoniaca, farmaci, Cu

In pratica il fegato:

  • regola la concentrazione di glucosio, proteine e trigliceridi nel plasma
  • trasforma le sostanze tossiche esogene come farmaci
  • trasforma i precursori endogeni in ormoni steroidei
  • produce cellule del sangue attraverso la funzione ematopoietica extramidollare
  • gioca un ruolo importante nei processi di coagulazione come responsabile della formazione di alcuni fattori della coagulazione
  • ha capacità di stoccare molecole come il glicogeno, metalli e vitamine e metterle a disposizione dell’organismo a seconda delle necessità.

Le sue funzioni metaboliche sono regolate da diversi ormoni quali:

  • insulina
  • glucagone
  • glucocorticoidi
  • ormoni tiroidei
  • ormone della crescita
  • catecolamine

Data la grande quantità di processi metabolici in cui interviene, un processo patologico a suo carico provoca gravi compromissioni.

Struttura microscopica del fegato

La struttura del fegato è costituita da unità funzionali chiamati lobuli epatici.

Questi sono composti da cellule epiteliali (epatociti) e altri tipi cellulari, disposti in foglietti (lamine) interconnessi a costituire un reticolo tridimensionale.
Le lamine sono disposte radialmente rispetto a ramificazioni terminali delle vene epatiche (vene centro-lobulari) che terminano proprio al centro del lobulo, di forma prismatica di cui il tessuto epatico è principalmente costituito.

Le lamine cellulari poi, sono esposte al circolo sanguigno su entrambi i loro lati, attraverso dei canali vascolari chiamati sinusoidi epatici, anch’essi con decorso radiale che entrano ed escono dalle lamine attraverso fenestrazioni che consentono al sistema di comunicare tra i diversi lobuli, creando una forte interconnessione in tutto il parenchima (tessuto) epatico.

Macroscopicamente abbiamo quindi due strutture principali fortemente interconnesse tra di loro:

  • lobuli epatici – il tessuto parenchimatoso
  • acini epatici – l’unità vascolare del fegato.

Epatite nel cane

Le epatopatie (malattie del fegato) spesso sono di difficile interpretazione e complicate da riconoscere.
Il fegato è un organo che ha una grande capacità di compensazione delle sue funzioni.
Questa adattabilità porta a non mostrare sintomi se non quando la sua attività non è già altamente compromessa (un po’ come accade in caso di insufficienza renale cronica).

Anche la sua manifestazione clinica non è sempre univoca, rappresentando dunque una vera sfida per il clinico che si trova a doverla diagnosticare.

Le patologie epatiche possono essere di tipo:

  • infiammatorio
  • metabolico
  • degenerativo
  • neoplastico
  • vascolare
  • traumatico
  • per anomalie congenite
  • idiopatico

Le forme più frequenti sono quelle associate a tossicosi e cause dismetaboliche che si presentano di solito in forma acuta, mentre le forme croniche sono soprattutto legate a patologie degenerative e/o infiammatorie.

Cause di malattia epatica acuta

Molte sono le condizioni che possono portare a malattia acuta.

Tra le più frequenti possiamo ricordare le cause tossiche:

  • intossicazione da farmaci – diversi antibiotici, antinfiammatori, antimicotici, anestetici ecc.
  • metalli pesanti – Ferro, Rame, Zinco, Piombo
  • insetticidi
  • erbicidi
  • piante –  alcaloidi pirrolizidinici, Lantana Camara, Tribolus Terrestris
  • funghiAmanita Falloides
  • micotossine – aflatossine, ocratossine ecc.

Tra le forme infettive troviamo:

  • Herpesvirus
  • Epatite infettiva da CAV-1
  • Clostridiosi ecc.

Esistono poi malattie sistemiche che possono estendersi al fegato, quali:

  • pancreatiti
  • peritoniti
  • IBD

ma anche malattie endocrine, infettive e infestive

  • ipertiroidismo
  • ipercorticosurrenalismo
  • diabete
  • ipotiroidismo
  • leishmaniosi
  • leptospirosi
  • toxoplasmosi e altre.

Epatiti croniche

Le epatiti croniche sono un gruppo di malattie epatiche caratterizzate dalla persistenza delle condizioni scatenanti da almeno 6 mesi.
Queste provocano danni a livello del parenchima epatico sottoforma di cirrosi e fibrosi epatica.

Le cellule del fegato si modificano sia in qualità che in quantità perdendo la loro funzione.

La fibrosi epatica è caratterizzata dall’aumento di tessuto collagene e acido ialuronico all’interno del fegato che provoca una alterazione delle funzioni metaboliche e di sintesi degli epatociti.
La modificazione tessutale che avviene è, comunque, ancora reversibile, mentre una sua ulteriore evoluzione esita in cirrosi.

La cirrosi rappresenta lo stadio finale irreversibile del danno epatico cronico.

La morte dell’epatocita (per le diverse cause possibili) è ciò che dà l’avvio al processo di fibrogenesi che danneggia ulteriormente gli epatociti adiacenti normali, il flusso ematico intraepatico e quello biliare.

La cirrosi raggiunge dunque un punto oltre il quale diventa autoperpetuante.

Cause di epatiti croniche nel cane

Moltissime possono essere le cause che possono portare a epatite cronica, compresa una predisposizione familiare, per cui è stata riconosciuta una maggior possibilità di incontrare la malattia in alcune razze:

  • Dobermann – in particolare femmina
  • Labrador retriever
  • Cocker – in particolare nel maschio
  • Dalmata
  • Pastore tedesco
  • Beagle 
  • Scottish Terrier

Oltre a queste ritroviamo le cause che abbiamo già definito per le forme acute.

Approccio clinico alle epatopatie

Anamnesi

L’approccio del veterinario nei confronti delle epatopatie deve partire dall’anamnesi prendendo in considerazione:

  • uso di farmaci
  • esposizione a sostanze tossiche
  • malattie infettive
  • interventi di chirurgia (quindi anestetici)
  • ambiente di vita dell’animale ecc.

Sintomi e segni clinici

I segni che si possono osservare sono di diversa natura:

  • depressione
  • ridotto appetito
  • letargia
  • perdita di peso
  • mancata crescita
  • vomito
  • diarrea
  • feci acoliche
  • ascite
  • PU/PD
  • ittero
  • problemi di coagulazione
  • dolore addominale (raramente)
  • encefalopatia

Alla visita si può osservare:

  • ittero
  • epatomegalia
  • condizioni fisiche scadenti
  • presenza di versamento addominale
  • segni di malattia sistemica.

In generale non si è in grado di fare una diagnosi certa di malattia epatica senza analisi ematiche approfondite e soprattutto senza biopsia per capire la condizione in cui si trova il tessuto (se in fibrosi o cirrosi).

epatite cane

Diagnosi di epatopatia nel cane

Dal punto di vista degli esami ematochimici sono da prendere in considerazione diversi parametri.

Enzimi epatici – il loro aumento è considerato indicativo di patologia epatica.

Ciononostante è da considerare che potrebbero aumentare anche per altre condizioni totalmente reversibili (come per assunzione di farmaci).
Attenzione anche alla valutazione dello stadio della patologia epatica: in caso di cirrosi avanzata o shunt porto-sistemico il tessuto epatico non è sufficiente a produrre enzimi e quindi non si instaura una alterazione dei livelli, nonostante la gravità della condizione.

Al contrario, la persistenza di valori alti di enzimi, senza alcuna alterazione, potrebbero essere significativi della presenza di immunocomplessi contro gli enzimi che non consentirebbero il loro smaltimento dal circolo dando quindi, un falso risultato alterato.

I due enzimi che si producono per danno cellulare sono:

  • ALT – primariamente prodotto dal fegato, ha una emivita corta. Aumenta soprattutto nelle condizioni acute; tuttavia, il suo incremento deve essere molto significativo per destare preoccupazione e, da solo, non ha alcun valore prognostico.
    Aumenta in modo significativo anche per assunzione di farmaci (es: glucocorticoidi) e per altre patologie come il diabete mellito o gastroenteriti.
  • AST prodotto dal fegato, ma anche in quantità importante dai muscoli scheletrici e muscolo cardiaco.
    Per questo, un suo innalzamento (senza altri sintomi) può essere significativo di danno muscolare, danno che provoca anche un aumento contestuale della CK (creatinchinasi).
    Aumenta anche in caso di emolisi.

Enzimi da colestati sono:

  • ALP – può essere alto in varie condizioni patologiche, mentre in alcune razze (Scottish terrier e Husky siberiano) valori elevati sono considerati normali. Essendo prodotti anche da altri organi il loro innalzamento è considerato indicativo di patologia epatica solo se concomitante con l’aumento dei due precedenti, presenti però anche in caso di colestasi.
  • GGT – è prodotta anche da altri organi oltre che dal fegato, ma la parte circolante nel siero è considerata primariamente epatica. Associato alle vie biliari, aumenta nel plasma in risposta a colestasi.
    Il suo aumento generalmente è parallelo a quello dell’ALP.

Altri parametri da valutare sono

  • colesterolo – ha valore limitato come marker nelle patologie epatiche. La sua diminuzione è indicativa di cirrosi, insufficienza epatica o malassorbimento, mentre il suo aumento è indicativo di patologie che influiscono secondariamente sul fegato.
  • trigliceridi – alterazioni sovrapponibili a quelli del colesterolo
  • glucosio – è l’ipoglicemia che si sviluppa in caso di danno epatico fulminante o cronico con oltre il 70% del danno tissutale
  • albumine – proteine prodotte solo dal fegato, diminuiscono se c’è un danno epatico importante (oltre il 70%) ma non sono indicative esclusivamente di epatite, essendo maggiormente significative in altre patologie proteino-disperdeti come le nefropatie o le enteropatie
  • urea e creatinina – il fegato converte l’ammoniaca in urea. Una sua bassa concentrazione può quindi essere associata a insufficienza epatica severa
  • bilirubina – è la proteina che colora i tessuti di giallo in caso di ittero. Un suo aumento non è indicativo di patologia epatica, l’ittero, infatti, va distinto in:
    – pre-epatico, per anemia emolitica
    – epatico, per epatite acuta o cronica
    – post-epatico, per pancreatite, neoplasia ecc.

Per avere una diagnosi più accurata è bene effettuare quindi dei test dinamici di funzionalità epatica come

  • ammoniemia – per comprendere la capacità del fegato di degradare l’ammoniaca in urea
  • test di stimolazione degli acidi biliari – sintetizzati solo dal fegato a partire dal colesterolo, vengono concentrati nella cistifellea da dove vengono liberati direttamente nell’intestino per la digestione dei grassi.
    Dall’intestino passano direttamente in circolo dove vengono misurati. Il prelievo (pre e post prandiale) è indicativo della funzionalità epatica.

La diagnosi dovrà poi essere suffragata anche dalla diagnostica per immagini, in cui si potranno valutare le dimensioni dell’organo; saranno soprattutto i referti bioptici a dare la certezza diagnostica e a suggerire il protocollo terapeutico più indicato.

Prognosi in caso di fibrosi o cirrosi epatica nel cane

Alcuni studi hanno cercato di associare una combinazione di parametri a un valore prognostico. In realtà non è sempre semplice generalizzare, proprio per la grande variabilità delle condizioni presenti.

Ciò che è certamente possibile affermare è che più è precoce la diagnosi più è favorevole la prognosi e il tempo di sopravvivenza.
Inoltre, determinante è comprendere la reale causa (come nel caso di avvelenamenti) per poter approcciare una terapia mirata.

Da questo punto di vista la diagnosi con i soli parametri ematici e test di stimolazione non può dare un quadro realmente chiaro.
L’esame istopatologico non solo caratterizza la diagnosi (patologia vascolare, degenerativa, infiammatoria e neoplastica), ma

fornisce una fotografia del processo dinamico sopra descritto e individua i target su cui poter lavorare con la terapia.

Inoltre, le alterazioni di funzionalità e il quadro sintomatologico possono essere estremamente polimorfi.

Una grave epatopatia che ha condotto a un’insufficienza funzionale, può esprimersi con l’inadeguatezza di una sola delle molte funzioni epatiche.
Non è raro trovare gravi epatopatie in cui l’insufficienza si estrinseca quasi esclusivamente sulla sintesi proteica, oppure sul metabolismo lipidico oppure solo gli acidi biliari risultano alterati.

Terapia delle epatiti nel cane

Le terapia delle epatiti risulta quindi particolarmente complessa e necessita, prima di tutto, di un quadro diagnostico sufficientemente chiaro al fine di approntare protocolli multitarget che dovrebbero essere volti a:

  1. controllo del danno del parenchima epatico
  2. controllo del danno biliare
  3. controllo della flogosi (infiammazione)
  4. controllo della fibrosi
  5. controllo delle alterazioni al di fuori del fegato

La terapia dipenderà anche dalla capacità o meno di individuare la reale causa, dovrà cercare di supportare la remissione della patologia e limitare i sintomi provocati dal danno epatico.

Di seguito un elenco dei principali farmaci a nostra disposizione che, utilizzati in associazione o singolarmente, possono avere efficacia sui vari aspetti delle epatopatie.

Terapia per il controllo del danno parenchimale

Sibilina

  • effetto stabilizzante sulla membrana epatocitaria
  • azione antiossidante
  • effetto antinfiammatorio
  • antifibrotico

S-Adenosil Metionina (SAMe)

  • aumenta il poter antiossidante negli epatociti del cane
  • riduce l’infiammazione attraverso un riduzione del rilascio di citochine infiammatorie
  • azione detossificante

Acetilcisteina

  • antiossidante
  • può essere somministrato per via ev

Carnitina

  • antiossidante
  • incrementa l’ossidazione lipidica; importante nelle forme di accumulo lipidico.

La Vitamina E e la Vitamina C sembrano essere degli ottimi antiossidanti, quest’ultima ha anche un importante effetto nello stimolare l’escrezione renale di rame.

Terapia per il controllo del danno biliare

Acido ursodeossicolico (UDCA)

  • riduzione della viscosità della bile
  • aumento del flusso
  • azione antinfiammatoria
  • azione antifibrotica

Trovandosi solo in formulazione per os, non può essere utilizzato nei casi acuti con disoressia, ma può essere efficace nelle gestioni a lungo termine.

Colestiramina

È una resina che lega la bile e le tossine intestinali e viene eliminata tal quale con le feci.

Anche la SAMe può contribuire al controllo della colestasi.

Terapia per il controllo della flogosi

L’infiammazione può essere controllata attraverso l’utilizzo sia di antinfiammatori, sia di antibiotici che di epatoprotettori.
I farmaci utilizzati sono tutti quelli che hanno capacità di controllo sullo stato ossidativo cellulare.

Prednisolone

A dosi immunomodulanti (1-2 mg/kg nel cane) viene considerata la base della terapia dell’epatite cronica del cane. Ottenuta la remissione clinica (solitamente 3-4 sett) si scala lo steroide mirando ad individuare la dose minima efficace al controllo cronico della malattia.

Se il suo utilizzo non è efficace o non è utilizzabile può essere utile l’associazione con azatioprina.

L’utilizzo di antibiotici è considerato fondamentale, in quanto, in queste circostanze, ci si trova di fronte a un sistema di filtrazione delle tossine batteriche non funzionante.

Ecco perché è bene utilizzare una copertura antibiotica nei confronti dei più comuni patogeni intestinali.

Inoltre, un adeguato controllo del microbioma intestinale, con l’utilizzo di probiotici e prebiotici, potrebbe rappresentare uno strumento importante nella gestione cronica di queste patologie.

Terapia per il controllo della fibrosi

Colchicina

In medicina umana è l’unico farmaco di cui sia stata dimostrata l’efficacia nei confronti della produzione di tessuto fibrotico.
Inoltre,

  • stimola l’attività collagenasica
  • inibisce la proliferazione dei fibroblasti
  • ha effetto antinfiammatorio.

Gli effetti collaterali sono rari e dose-dipendenti, ma non c’è alcun tipo di studio veterinario che ne supporti l’utilizzo sugli animali.

Terapia contro i danni extraepatici

Anche in questo caso il trattamento dipenderà in larga misura dal danno provocato, dallo stadio in cui si trova la malattia e dalla causa.

Di seguito i più frequenti.

  • Encefalopatia epatica – particolarmente invalidante, deve essere controllata con farmaci che non utilizzino la via epatica per il loro metabolismo, quindi mai benzodiazepine.
    Spesso associata anche a ipoglicemia, il supporto può essere quello di soluzioni glucosate per via endovenosa.
  • Ascite – dipendente dalla causa: è più frequente la condizione per cui non si ha un non corretto riassorbimento a livello renale, per cui si utilizzeranno farmaci che agiscono a quel livello (spironolattone).
    I diuretici d’ansa devono essere utilizzati con cautela potendo provocare effetti collaterali quali ipovolemia, ipokaliemia e alcalosi.
  • Coagulopatia – anche il trattamento di questa condizione sono da valutare da caso a caso, in base alla causa e alla situazione specifica.
    L’esecuzione di un profilo coagulativo esteso si rende quasi sempre necessaria per impostare adeguatamente la terapia.

In generale, sarà il monitoraggio costante a dover dare la misura dei risultati. Questi dovranno comprendere  la rivalutazione dei parametri di laboratorio, la valutazione dell’efficacia dei farmaci, il dosaggio dei livelli sierici del farmaco quando possibile.

Purtroppo, la difficoltà nell’interpretazione dei valori sierici non consente una effettiva valutazione della condizione, per cui l’efficacia della terapia potrebbe essere meglio documentata attraverso il monitoraggio della remissione o diminuzione della progressione della malattia.

Dopo 3-6 mesi dall’inizio del protocollo terapeutico dovrebbe essere rieffettuata una nuova biopsia per valutare:

  • remissione dell’infiammazione
  • risoluzione della fibrosi
  • diminuzione delle concentrazioni epatiche di rame.

Un miglioramento dei segni clinici, cosi come una diminuzione dell’ascite o una risoluzione dell’encefalopatia epatica, possono essere utilizzate per documentare l’efficacia della terapia.

Nel prossimo articolo valutiamo gli studi presenti su patologie epatiche e trattamento con cellule staminali.

Bibliografia